Il Sacro

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Il sacro dovrebbe essere l’oltre. La vetta oltre la quale non ci si può andare. La libertà di chi non è ancora prigioniero di quel linguaggio che, anziché essere apertura, è un limite, un confine. Perché le cose, nessuna parola può spiegarle in modo assoluto e definitivo. Sì, ci puoi andare vicino. Ci sono poi certe cose che vanno oltre. Puoi sentirle addosso, toccarle, provarle, ma non spiegarle. Dipingerle, scolpirle, metterle su un pentagramma, ma non spiegarle. Sono quelle cose che ti stupiscono. Ti emozionano. Ti commuovono.

Il babbo, ad esempio, ma questo è un’altra roba.

Il sacro sarebbe lo stato di grazia del neonato se la sua vita non dipendesse dal luogo dove nasce oppure dai genitori che l’hanno messo al mondo, perché la sacralità non dovrebbe dipendere da quanto culo hai avuto nascendo nel posto e nel momento giusto piuttosto che in quelli sbagliati. Il momento peggiore nella vita di ognuno è la consapevolezza che si sta subendo un’ingiustizia sapendo di non averne colpa. Il sacro è il diritto alla vita, il diritto alla dignità di individui, il diritto all’uguaglianza di fronte alle leggi, il diritto all’istruzione, il diritto al lavoro, il diritto alla libera scelta, il diritto all’informazione. Quando si parla di luoghi sacri è inevitabile che il conformismo ed i luoghi comuni ci prendano per mano e ci conducano verso chiese, moschee, sinagoghe, verso i cimiteri. I miei luoghi sacri hanno altri itinerari. Portano altrove. Sono luoghi meno ipocriti dei soliti viaggia organizzati. I luoghi sacri vorrei che fossero i palazzi di giustizia, gli ospedali, le scuole, i parlamenti, le fabbriche, i giornali, le carceri e, perché no, anche le moschee, le chiese ed i cimiteri. Libertà di culto? No, pensare Differente.