Restanza

Io non fuggo resto. Resto sempre, e do il viatico a chi parte.

Resto e cerco di essere proprio qui e proprio ora, perché passare il tempo a dolersi di cose e persone passate è autolesionismo; ed io ho imparato ad amarmi.

Resto e resisto agli urti e non mi dispiace constatare la stessa successione di tetti e strade o i rettangoli di vita che puntuali giungono dalle finestre illuminate nella vaghezza priva di forme della sera.

Resto perché non voglio perdermi l’unico momento che posso davvero governare, il mio presente. Mio, non quello degli altri.

Resto perché sono capace di abitare la mia vita che colmo a piacimento delle cose a cui ho dato valore, e non mi infatuo di nuove mete perché per raggiungerle dovrei farlo da turista e questo sì che mi procurerebbe dolore, ché l’impersonalità del viaggio non è viaggio.

Resto per me, dentro di me e il desiderio di tirar fuori la folle e l’incosciente, la sognatrice che fa volare la fantasia sugli aquiloni spensierati della leggerezza.

Resto per allenare la guerriera contro il finto benessere dell’accettazione e la rassegnazione.

Poco so di me, ma una cosa mi è chiarissima: solo con me e in me ho tutto quello che mi serve.

Riprendo le mie parole e con loro farò il nuovo cammino.

Ecco, le parole.

Per un po’ mi sono privata delle mie parole, le ho tenute chiuse ed addomesticate nel recinto, al buio e al caldo, ignorate e accantonate per una fasulla illusione di quiete. In un certo senso ne ho avuto paura.

Ho avuto paura di non riuscire più ad averne di parole, e invece loro sono fedeli e non mi abbandonano, neanche quando mi dimentico di loro. Le lascerò scivolare dalle dita alla tastiera, a incidere storie e a pulire la mia anima dalle scorie di tempi talmente banali da sembrare lo stesso giorno ogni giorno.

Scrivo.

È come una strada, dura e ruvida, chiusa da rocce e macigni, stretta e faticosa.
Ma vedo il cielo.

Vedo la luce.

E spiego le ali per volare.

Volo, non scappo.

Resto con la consapevolezza di non avere un vangelo da annunciare. E neppure una fine decente per questo post.

N.H

Buon compleanno a me!

47 anni, ovvero, qualche ruga in più sul viso, qualche acciacco dell’età, mi chiamano “signora” e la sera crollo molto presto… In compenso ho imparato a non fare le corse per chi non merita e a godermi ogni singola bella cosa della vita.

Mantengo alta la bandiera della positività, a volte sono fin troppo saggia e razionale, altre maledettamente ansiosa ed insopportabile. Ma sono io ed ho imparato ad accettarmi così come sono, pregi e difetti compresi, e anche se non conosco ancora i miei limiti, mi spingo sempre oltre, nella direzione di ciò che ritengo giusto e corretto. Forse a volte combatto battaglie perse in partenza, ma in cui tuttavia credo fortemente. Credo però che la ragazzina in me sia molto soddisfatta della donna che sta vedendo!

Mi auguro di portare tutti i giorni un sorriso. Quello che spontaneamente esplode sul viso, quello che prima di mostrarsi al mondo passa dal cuore.

Mi auguro di avere l’idea della vita, finalmente pubblicare un libro. E tenerlo pronto e rilegato tra le mie mani, sfogliando e assaporando ogni pagina come se fosse un pezzo di me e del mio mondo.

Mi auguro di vivere sempre di emozioni. Lo stomaco che si contorce, un nodo alla gola, un colpo al cuore, la testa tra le nuvole. Perché niente mi sazia più dei segnali dell’anima.

Mi auguro di continuare ad essere cittadina del mondo. Viaggiare e imprimere nella mente altri e nuovi scorci e ammirare panorami e camminare per le strade buie di città che voglio fare mie e sedermi al tavolino di un bar osservando la vita di sconosciuti che scorre davanti ai miei occhi e cercare il mare d’inverno e imparare la bellezza di quella diversità che ti arricchisce.

Mi auguro di non perdere mai il mio spirito di iniziativa. Una sorpresa per chi se la merita ma non se l’aspetta, nuove idee, progetti stanchi di rimanere castelli costruiti nel regno della mia mente, cimentarmi in attività che mai ho sperimentato.

Mi auguro di avere voce, voce quando serve. Perché non siamo nati per stare seduti, abbiamo il dovere di alzarci, lasciare che la libertà prenda forma attraverso ogni nostro gesto.

Mi auguro di avere coraggio. Quanto basta per sfidare la sorte, godermi i frutti della mia perseveranza e un po’ di spensieratezza per ricordami che posso arrivare dove voglio.

Mi auguro di trasformare le foto nella mia personalissima macchina del tempo. Guardarle, sorridere, riviverle.

Mi auguro di ricordarmi di mettere me stessa al primo posto, perché volersi bene è la pozione della serenità e la mia dignità non la lascerei calpestare nemmeno da un paio di Louboutin.

Mi auguro di lasciarmi scompigliare i capelli da un vento caldo, ballare sotto la pioggia fingendo di essere la protagonista di un musical, baciare il sole come lui bacia me.

Mi auguro di non abbandonare mai la bambina che c’è in me, quella stessa bambina che si guardava riflessa nello specchio vestita del suo tutù rosa e della sua voglia di diventare grande, quella stessa bambina che oggi si siede davanti ad un computer e trasforma i suoi ricordi in parole.

Mi auguro di avere sempre tempo. Per leggere un libro mentre fuori piove e io mi rifugio sotto le coperte, ascoltare Sting e sognare un ballo insieme a lui, chiudere gli occhi e diventare spettatrice del mio passato, comprare un mini appartamento a Parigi, concedermi un caffè con l’amica di sempre, immergermi nella vasca con delle candele profumate che mi coccolano, coltivare le mie passioni.

Mi auguro di trovare sempre un po’ di Felicità. In un abbraccio, in due occhi che mi guardano e brillano, in un messaggio, in una frase, in un ricordo improvviso, in una sorpresa.

Mi auguro di non smettere mai di sognare, di osare, di amare e di restare sempre quella che non molla mai.

N.H

Ci siamo.

Ci siamo. Manca ormai poco alla fine dell’anno, mentre un altro si affaccia all’orizzonte.

Il tempo dei bilanci, delle riflessioni, dei buoni propositi, dei progetti e delle considerazioni è alle porte.

Certo è che l’anno che si appresta alla fine è stato comunque un anno, per così dire, della svolta.

L’anno del vaccino che ci ha permesso di ripristinare un po’ di quella normalità di cui tutti avevamo tanto bisogno.

Un anno che ha lasciato e lascerà in noi la consapevolezza che la salute è il bene più prezioso da tutelare; me lo ricorderò come l’anno della resistenza e la resilienza, della rinascite e la speranza, della voglia di ricominciare e delle serrande dei negozi finalmente alzate.

Un anno che ci ha insegnato a fidarsi, affidarsi e confidare nella scienza. Perché è la nostra unica salvezza.

Per il nuovo anno, non nutro ambizioni ma solo grandi speranze, che spero non vengano disattese. La speranza che esso ci riporti gradualmente al superamento della pandemia, a quella libertà di movimento che prima ci appariva scontata e ovvia, e verso cui invece ora aspiriamo come a un dono prezioso.

La speranza che l’Italia e il mondo intero trovino la forza per non soccombere alla crisi economica e la forza e il coraggio per rimboccarsi le maniche e ricostruire quello che è stato compromesso.

Spero che ogni essere umano, facendo tesoro di quanto ha dovuto subire, guardi con occhi nuovi il suo prossimo, riuscendo finalmente a comprendere che ognuno di noi non è altro che il riflesso degli altri e della società che in noi si riflette.

Intanto, devo dire: grazie. Perché sono qui, perché non mi sono ammalata. Perché i miei figli stanno bene (e chi si è ammalato, dei miei cari e vicino a me, per fortuna è guarito).

Penso continuamente a chi ha vissuto e subito perdite di persone care, della propria attività professionale, della propria certezza. E mi rattristo sentendomi al tempo stesso impotente e paradossalmente fortunata.

Grata di essere ancora qui.

Poter ancora scrivere, raccontare e contare su questa pagina virtuale e sulla vostra presenza, che per me da sempre è un luogo familiare, raccolto e meraviglioso nel quale ho il desiderio di rifugiarmi, mi dà un’immensa gioia.

Ecco dunque che mentre mi accingo a ricevere l’anno nuovo, apro mentalmente una pagina bianca su un quaderno nuovo.

Avete in mente cosa dice Rossella O’Hara nell’ultima inquadratura di Via col Vento?

“Domani è un altro giorno, a Tara”.

Domani è indubbiamente un altro giorno, sarà un altro anno, a casa, insieme alle persone che Amo. Insieme a tutti voi che passate da qui. Io desidero esserci, e ho già una penna in mano aperta sulla pagina bianca, mentre con l’altra tengo la tazzina con il caffè.

Andrà sempre meglio, se saremo coscienziosi. Andrà sempre meglio, se sapremo dare la corretta misura alla nostra libertà. Nuova. Migliore.

Io ve lo auguro con tutto il mio cuore.

Sereno 2022!

N.H

Autoanalisi

Ora vieni qui. Fermati.

Anche questa è casa tua… certo l’hai un po’ trascurata, alcune foto nemmeno si vedono più… come se prima di andartene tu avessi tolto i quadri dalle pareti… chissà quali ti sei portata via, scommetto che nemmeno te lo ricordi, o forse non lo sai. Non importa.

Siediti e raccontami, che tu mica me la racconti giusta. Sai che a me puoi dire tutto, anche mandarmi a cacare se vuoi, tanto la forza per romperti gli zebedei la troverò sempre, anche quando sono stanca morta. E sai perché? Perché io a te ci tengo… ti faccio arrabbiare, sono severa, non ti perdono niente, ma so quanto vali e quanto meriti.

Quindi, cara mia, svuota il sacco.  Credi non mi sia accorta della tua inquietudine e del tuo malessere? Fingi di non darci peso, ma in realtà ne dài eccome, fin troppo direi. Metti a riposo quel dannato criceto nella tua testa, una volta per tutte. Abbattilo! Cerca di essere leggera.

Le cose hanno preso una piega che non ti piace, inutile negarlo, lo so perfettamente. Questi sbalzi di umore che non appartengono alla tua natura hanno una sola motivazione: non sei serena. Qualcosa ti disturba. Ma tu, dimmi, che vuoi veramente? Quattro parole, spesso prive di sostanza, qualche sorriso, qualche confidenza, quando c’è tempo, senza impegno? Perfetto per chi prende la vita come viene, per chi vive in superficie, per chi non investe nulla di sé. Ma tu, per come sei fatta tu, che se non spacchi un capello in quattro non sei a posto, come hai potuto pensare di continuare a stare bene?

Puntavi alla fiducia, quella che hai perso molto tempo fa, la volevi recuperare, lo so. Non ci sei riuscita, è vero. Ma non incolparti per questo, evidentemente chi sta dall’altra parte non si è poi dato da fare così tanto per fartela ritrovare, non credi? Smettila di mettere in discussione sempre e soltanto te stessa. E poi dai ammettilo: su quante cose hai sorvolato? Quanti fastidiosi dettagli hai solo sfiorato per timore di approfondire? Fai come le famose tre scimmie: non vedo, non sento, non parlo.

Eh no cara mia, io a volte non ti riconosco proprio, questo significa fare come gli struzzi che mettono la testa sotto la sabbia. (Perdona i riferimenti agli animali). La tua grinta, la tua determinazione, la tua lingua biforcuta, dove diamine le hai messe? In letargo forse?

Sai che c’è’? Tu hai una paura fottuta. Di cosa? Ora te lo spiego.

Tu hai il terrore di dover riconoscere che gli avvertimenti ricevuti già molto tempo fa sono fondati, che tradotto significa ammettere di avere preso un abbaglio grande come una casa. Stupida.

No scusami, ho esagerato. Non è vero che sei stupida e non è nemmeno vero che hai travisato. Quello che c’era da capire, l’hai capito benissimo. Ed era tutto vero e anche bello… tanto tempo fa, però.

Hai creduto di potere accettare un passato su cui sapevi perfettamente di non poter sorvolare. Il limite è tuo, renditene conto.

Si trasforma tutto, le cose, le persone, i sentimenti… anche tu sei cambiata tanto sai. Non in meglio, te lo devo proprio dire. A forza di giustificare, di accettare compromessi per il quieto vivere, ti sei persa. Per troppo tempo hai messo al centro della tua vita gli altri con le loro richieste, le loro esigenze. Nessuno si è fatto tanti scrupoli e tu ti sei lasciata prosciugare, per troppo cuore, per troppo senso del dovere e della responsabilità… ecco perché ora ti ritrovi in questo stato dove proteggersi e diffidare sembrano essere diventati il leitmotiv delle tue giornate.

È tempo di cambiare registro cara Fuochina, riprenditi il tuo posto, che sai dove sta? Al centro, guarda un po’ non un centimetro più a destra, non uno in più a sinistra.

Circondati di persone che aggiungono e non di persone che tolgono.

Spazza via la cenere e attizza il fuoco… scaldati e abbi cura di te.

N.H

Sogni d’oro.

Arrivo, finalmente. C’è il mondo. Un’infinità di persone in fila. La faccio anch’io, in ordine, paziente attendo il mio turno.

Si dice che in questo luogo, laggiù allo sportello, si possano acquistare i sogni. Me l’hanno detto, mentre passavo per la via. La coda è infinita. Il tempo non mi manca, e non ho sogni in tasca, così devo aver pensato, quando senza accorgermi mi sono messa in fila silenziosa.

Si avanza, ogni tanto, con calma, nessuna spinta, nessun lamento, e stranamente nessuno che cerca di scavalcarti.

Guardavo intorno ed ogni tanto indietro, la fila cresceva a vista d’occhio, ed ogni tanto, un passante c’interrogava sul perché dell’attesa.

”È la fila per i sogni ” disse un uomo … “In quel sportello si possono acquistare” … “Non sono per niente cari” … “A me han detto che basta volerli”, ribatte un’altra donna.

Io sto in fila, che ci perdo?

Si sentiva nell’aria, l’emozione di tutta quella gente, pronta ad acchiappare la speranza, il desiderio, la gioia… e una strana eccitazione incominciò a pervadere anche me. Ad ogni passo che facevo mi sentivo sempre più agitata, sempre più ansiosa, fino a quando capii che altro non era se non il non sapere che chiedere, quando terminata l’attesa mi sarei presentata allo sportello.

È vero! Accidenti! Che sogno vorrò fare?

Iniziai a pensare che un sogno, un desiderio, una speranza, doveva essere per forza qualcosa che mi mancava, ma al contempo doveva essere qualcosa che davvero potesse portare un cambiamento nel mio animo, e nella mia vita.

Ma già avevo fatto altri tre passi, ed ancora non avevo fatto alcun progresso nella ricerca.

Avrei chiesto la felicità. Ma era un sogno irrealizzabile. Sarebbe stato solo un momento, qualcosa o qualcuno poteva immediatamente farla svanire…

Avrei chiesto l’Amore. Ma no! Mi dissi, ne ho dato, forse ne ho anche ricevuto, ma dopo sfugge, affievolito e stanco, magari vorrebbe anche resistere ma alla fine va …

Si avanza, altri due passi, le teste davanti a me ondeggiavano, riuscivo a cogliere gli sguardi, persi come il mio, dietro ad un turbinio di pensieri, che sembravano quasi interrompere quella calma e quel silenzio paziente di chi, come me, attendeva il sogno della sua vita, con fremiti e sorrisi.

Mi riconcentrai, e ripresi a pensare.

Accidenti, cosa mi manca? Mi dicevo, quasi come una cantilena infantile, cosa mi manca?

La serenità! Chiederò la serenità … Non sarebbe stato un sogno, e poi vola via. È solo una sensazione, effimera… La ricchezza? E che me ne farei, ho già ciò che mi basta, non mi occorre di più.

Ne è passato di tempo. E sono ancora in fila.

Ora vedo le persone che a mano a mano vengono via dal negozio dei sogni, hanno tutti una luce che brilla negli occhi, hanno quella ricchezza in più, un sogno da fare.

Ci sono, quasi. Oramai manca poco, e mi rimprovero, non ho molto tempo per pensare, ed accelero, recitandomi la litania…Cosa mi manca? Cosa mi manca? Cosa…

Da dietro lo sportello, m’investe e mi accoglie una gentile persona con grande e soave sorriso.

Buongiorno, mi dica il suo sogno?

Vorrei saper sognare.

N.H

E se domani…

Ed è arrivato, ce l’hanno dato. QueI tempo tanto desiderato di cui sentivamo il bisogno, le pause e lo stop dall’infinita catena di impegni e doveri. Un tempo lungo e incerto, spravvenuto senza preavviso e senza richiesta, da spendere pressoché in solitudine. Ma non c’è da temere, ci sono i social network pronti a prestarci soccorso. I cantanti, gli ‘artisti’, i giuitti dell’intrattenimento di ogni tipo, spammano dirette quotidiane, di ore e ore, da seguire da casa sui nostri dispositivi, per sentirci più uniti e più vicini.

Il web invaso da tutorial su tutto lo scibile del fai da te, in tempi brevi (come se il tempo mancasse), con grande facilità. Una torta paradiso per digerire l’inferno, un make-up di tendenza per mascherare l’abbruttimento, un Tik-tok ad hoc per divertirsi un poc, e app per dar via i ciapp.

Una grazia per quelli che si indignavano per i palinsesti pubblici deserti, per i reality, i talent, i talk, il campionato e i tornei annullati.

Attenzione, questo correre ai ripari dal tempo, un horror vacui tutto nuovo, è lo stesso principio delle folle in fila ai supermercati a fare scorte di pasta e scatolette, e che sono stati tanto messe in ridicolo.

Eppure la scorta, non solo di cibo, la si sta facendo un po’ tutti. Si è inquieti lo stesso, di più, si è a nervi scoperti. Con mal di testa allucinanti e un telefono bollente tra le mani. No, non è la smania giovanile dello sfogo fisico di cui parla qualche giornalista, evidentemente senza figli. O perlomeno non è solo quella. A casa attaccati al cellulare ci stiamo lo stesso anche senza una pandemia in corso.

È invece la difficoltà a rimanere soli con sé stessi a guardarsi, a specchiarsi nel silenzio di un pomeriggio tranquillo, e ad ascoltarsi, finalmente, a dialogare coi genitori, fratelli, compagni. Iniziare ad ascoltarsi e ad ascoltare gli altri si fa fatica, più di guardarsi una serie tv; tira fuori uno a uno nodi intricatissimi lasciati nascosti sotto a un tappeto.

Una volta tirati fuori i nodi, poi, non sai più come scioglierli; per quello ci vuole altro tempo, un tempo diverso. Mi lamento allora con un’amica di questa pesante quarantena e lei mi dice ‘Ma come, eppure io ci vedo del bello. Sento il silenzio delle strade e il cantare degli uccelli, da quanto tempo non lo sentivo’. Allora io il canto degli uccelli non son più capace di sentirlo e sento solo il rimbombo delle sirene delle ambulanze, delle chat, del notiziario che vuol farmi sentire orgogliosa cittadina, fiduciosa persona. Ma io davvero cosa sento ancora? Di preciso non lo so, ma di certo qualcosa sta cambiando dentro di me. Di certo non sono e non sarò più quella di prima. E di certo non sarà semplice far emarginare questa cicatrice.

Vorrei invece pensare che ci sarà, al di là di questo cauchemar, un tempo maturo per ricominciare, proprio dove mi ero fermata; un nuovo pezzo di vita e di strada, con la consapevolezza che tutto ciò che è di meglio e buono, sono là ad aspettarmi.

N.H

L’entusiasmo è il fascino che ci tiene desti nelle notti profonde, nonché l’incanto che la mattina ci desta dal sonno.

Un occhio al passato e due al futuro.

Se volessi scrivere la mia vita in un libro, mi piacerebbe che alla fine somigliasse a una commedia di Wodehouse.

Se dovessi colorarla, sicuramente la farei tutta biancoceleste.

Se ci potessi mettere una musica di sottofondo, probabilmente sceglierei i Genesis.

E se avessi uno scopo, sarebbe quello di far felici le persone che Amo.

A cinque anni

Ero una bambina felice, coccolata da una tribù di parenti e fratelli con cui giocare e comandare (sono del capricorno🤫).

La musica da ballare era tanta, immaginando che sarei diventata una grande ballerina. Ero già stata all’opera una volta e, ovviamente, ero già una sognatrice.

A dieci anni

Avevo già iniziato la mia collezione di libri, in loro trovavo rifugio, avevo tante storie da vivere, tra le più belle: essere strega o principessa. Ero già una protagonista e avevo già incontrato l’Amore, ed anche la Morte si era fatta viva, portandomi via la mamma, ma ancora non conoscevo il vero significato di nessuna di queste due cose.

A quindici anni

Avevo scoperto di essere una filosofa e avevo in mente un sacco di idee, fantasie e tanti Amici: nuovi, vecchi, appena arrivati e tornati dopo tanto tempo. Fra i gruppi troskysti nelle assemblee avevo scoperto di essere molto meno di destra di quanto avessi mai pensato.

Giocavo a tennis in media 5 volte a settimana, anche se cominciavo a capire che qualcosa di più bello del tennis poteva anche esserci, i cavalli ad esempio. Cavalcare era un’ottima terapia per domare i miei istinti selvaggi.

Sapevo di greco e di latino più di quanto avrei mai saputo in vita mia, ascoltavo i Genesis, i Pink Floyd e i Queen fino allo stordimento. La rabbia e la sfida erano i leitmotiv che alimentavano la mia sete di sapere e crescere.

A vent’anni

Era giunto il momento di voltare pagina. L’Addio al Passato, alla Morte, agli Errori e Orrori… La grande voglia di stabilità, luoghi fissi, famiglia e figli, il desiderio di un nuovo punto di partenza, la riconciliazione col mio IO ribelle e ferito. Il grande passo verso un matrimonio, mai benedetto.

A venticinque anni

La morte bussò di nuovo: perdo l’Amica del cuore, e subito dopo, la raggiunge anche il mio babbo. Il buio. E anche quello ti fa capire che la filosofia è bella, ma la vita è ancora più bella. Mai dire mai al mondo. E da filosofa sognatrice sono diventata la madre che non ho avuto il privilegio di godere.

Le responsabilità non sono mai mancate nella mia vita, scopro che anche rallentare è un ottimo modo per trattenere coi denti l’esistenza.

A trent’anni

Il tempo della presa di coscienza. La vita e la contingenza hanno saputo domare i miei istinti selvaggi. Ho fatto in tempo a capire e sapere che vivere equivale ad Amare, e se manca l’Amore manca tutta la Vita.

Ho cercato consiglio percorrendo il Sahara, attraversando deserti e scavalcando montagne. Sono sempre stata appressa a tante domande. Quando penso di essere diventata grande mi accorgo che ancora aspetto con ansia l’uscita mensile di International e che la cosa che mi fa più perdere la calma è seguire una partita di tennis. No, decisamente non sono ancora del tutto matura.

A trentacinque anni

Il cambiamento. Quello radicale. La mia strada prende una nuova svolta; giungo convinta alla decisione di separarmi: mandare a monte il mio matrimonio è risultato essere la cosa più giusto che io abbia mai fatto in vita mia.

Nel frattempo i figli sono cresciuti. Ho concluso i miei studi. Ho pubblicato anche i miei racconti e da lassù penso proprio che la mamma e il babbo siano fieri di me.

A quarant’anni

Continua la ricerca di stabilità. Di equilibrio. Punti fermi e fondamenta su cui poggiarmi per non cadere. Certe ricerche sono a tempo indeterminato…

Avevo aperto di nuovo le porte del cuore, pensando che quella roba potesse essere vero amore… e invece c’è chi l’Amore lo fraintende e lo interpreta a propio uso e consumo, tradendone i principi fondamentali.

La vita non finisce di darmi lezioni preziose per fortificare la mia determinazione a voler raggiungere le più alte vette dell’apprendimento… e poi? Eh, love is always in the air…

A quarantacinque anni

Non tutti i mali vengono per nuocere. Grazie all’esperienza, giro la boa col vento in poppa, tesa più che mai ad affrontare da vincente anche le onde più alte.

Ho imparato a non farmi spaventare dalla paura.

Oggi;

Sono abbastanza grande, ma diventare adulti è sempre costato caro.

Ho imparato che abbiamo bisogna di ferite per fortificarci, abbiamo bisogno di perdere per trovare, abbiamo bisogno di soffrire per godere.

Parallelamente non seguo più il tennis come una volta, tanto meno urlo davanti alla Tv quando mi capita di inciampare in una partita, e penso sia davvero un gran miglioramento.

In conclusione di questo breve resoconto, se mi guardo indietro, posso dire tranquillamente che la vita non si è per nulla risparmiata con me.

Forse avrei potuto avere più Amici, ma certo non più Amici di quanti ne ho.

Avrei potuto avere più figli, ma certamente non avrei potuto averne di migliori.

Non credo che avrei potuto fare più soldi: comunque essere di sinistra di mano e di testa è un bel guaio, quasi una condanna che tocca scontare e basta.

Probabilmente avrei potuto scrivere racconti più divertenti, ma certo non mi sarei potuta divertire di più a scriverli.

Sicuramente avrei potuto tifare per i giocatori e le giocatrici vincenti, ma l’istinto mi ha fatto sempre sentire più vicina agli sconfitti.

Insomma, avrei potuto fare cose diverse e sarei potuta essere una persona differente. Ma dico grazie, alla vita e al destino, che sia andata così com’è andata. Non cambierei il mio vissuto con quello di nessun altro, al lordo di tutte le amarezze.

Con la consapevolezza poi che;

Alla veneranda età di 45 anni (Auguri a me, gli ho compiuti ieri🙀🎉) non sono gli anni della tua vita che contano, ma la vita che c’è stata dentro. E non è mica ancora finita perché;

The best is yet to come…

N.H

Buone feste!

Buone feste, cari bloggers! E buone feste anche ai lettori che di tanto in tanto nonostante la mia latitanza mi cercano su queste pagine. Buone feste, naturalmente, ai vostri figli e alle vostre famiglie, che sia esattamente l’inizio che desiderate, o quasi!

Non amo i bilanci perché sono noiosi oltre che tristi… e poi come si fa a ridurre a degli statici numeri un pezzo di vita?! Come si fa a sommare il risultato delle cazzate che facciamo? Come si fa a calcolare una paura, l’ansia, il tormento? Come si valutano gli sforzi, l’impegno, la ricerca di equilibri? E gli abbracci, i sorrisi, le risate… dove vanno posizionate?

Ecco, io ci tengo ai miei sbagli, le mie contraddizioni, le mie scelte giuste che poi ho rovinato, le mie parole a vanvera, le mie risate nei momenti meno opportuni, tutte le volte che ho perso l’equilibrio. Le mie irregolarità e le mie imperfezioni… e per nulla al mondo metterei tutto questo su una stupida bilancio per fare conti che non contano nulla e sopratutto non portano da nessuna parte.

Quest’anno nessun bilancio. Rinuncio anche ai buoni propositi. Nessuna dieta o iscrizioni in palestra, niente rinunce a cose che Amo o che mi fanno stare bene. In programma nessun tentativo di essere migliore in astratto, ma solo di andare dove sono più felice.

Del resto, la più grande lezione che ho imparato quest’anno è che non bisogna forzare nulla: conversazioni, amicizie, relazioni, attenzioni, amore.

Non vale la pena lottare per cose che vanno forzate, perché tutto quello che deve accadere accadrà, quello che non deve accadere non accadrà… e poi spesso i sogni si realizzano. Non sempre, non per forza. Qualche volta può anche capitare di scegliersi sogni sbagliati, che non ci corrispondono veramente. Ma se incontriamo qualcosa che ci pare davvero fatto per noi… beh, allora il buon proposito deve essere solo quello di andare, a prendercelo, con determinazione.

Auguro a tutti voi un anno in cui realizzare i vostri sogni, ma, soprattutto, in cui trovarne di nuovi: piccoli (o grandi) desideri, fatti per voi. Pensieri che vi corrispondono davvero, e nel profondo.

Vi auguro di essere felici con i vostri figli, ma di trovare anche spazi e momenti solo per voi stessi, piccole aiuole in cui coltivare quello che siete.

Vi auguro tempo per gli amici di sempre e anche per trovarne di nuovi, sinceri.

Vi auguro insomma di non accontentarvi mai, di non fermarvi, di continuare a cercare il massimo e di credere sempre in voi.

Io cercherò di viverlo così, questo ventiventi, spero di trovarvi ancora e ancora su queste mie pagine virtuali, che fanno parte della mia vita ormai da tantissimi anni…

Con affetto,

N.H

“Nella pietà che non cede al rancore, madre, ho imparato l’amore” (Cit.)

Auguri a tutti e tutte!

Vergogna

Se il Dio che credete di onorare andando a Messa si decidesse di parlare, racconterebbe dell’insensatezza greve e molesta con cui vi rapportate a questo periodo dell’anno; vi suggerirebbe di optare per una serena distanza dallo shopping senza per questo cadere nella trappola di chi vive le settimane dell’Avvento tra aridità sentimentale e supponenza intellettuale. Vi raccomanderebbe altresì di disertare i Black Fridays perché aggregando vi disgregano, ma come sempre vi lascerebbe al libero arbitrio.

Per parte mia vi considero dei privilegiati: in fondo l’apoplessia da cui siete colpiti vi risparmia il senso di nausea di cui noialtri siamo ostaggio mentre vi osserviamo incespicare tra lo struggente desiderio di riappropriazione dei tesori dell’infanzia e la pacchiana rappresentazione della trascendenza.

N.H

La douleur exquise

La sofferenza è un accessorio, il dolore è inevitabile… un malessere che ti impietrisce, un nodo quasi invisibile e anarchico, a detta di certuni una belva; ma la belva prima o poi va messa in gabbia, se non altro per renderla rachitica, ché soppimerla non si può. Io che ho invisi gli esperti del settore, quelli con cui ho fatto a “botte” per anni e con disprezzo chiamo strizzacervelli, ho trovato una forma di terapia scrivendo… giacché il mio quotidiano non necessita un’analisi, ma risposte a domande che neppure oso formulare. Qui è tutta un’altra storia, qui posso essere Nadine e basta.*

*Non è la douleur exquise la protagonista di questi miei tempi, tant’è che mi sorprendo a rimpiangere i giorni in cui era presente. A volte scelgo i titoli artificiosamente, quasi a sfidare i denti aguzzi della ragione.

 

Presto noi sogneremo

distesi al sole di mille primavere

senza il ricordo di questa prigione